domenica 27 gennaio 2013

Geisha


Gli scambi culturali fra l’Occidente e il Giappone si sono ormai consolidati da tempo ma la percezione del mondo giapponese da parte di alcuni è ancora legata a luoghi comuni, in particolare se si parla di Geisha.
Il termine “Geisha” ha una lunga storia e significa letteralmente “persona versata nelle arti dell’intrattenimento”, “persona di talento”. Il termine “gei “ indica infatti arte, abilità.

Fra il 1603 e 1867 (Periodo Edo) tutti coloro che erano persone di talento o abili intrattenitori erano chiamati Geisha. Ad esempio i maestri di arti marziali erano chiamati Bugeisha (Bu significa militare) cioè talentuosi e abili nel combattimento e i danzatori del Kabuki (tipo di teatro giapponese tradizionale)erano chiamati Geisha per distinguerli dagli attori.

Le prime figure che possiamo paragonare alle Geisha, possono essere ricondotte alle Saburuku , intrattenitrici richieste dalle classi nobili che apparvero intorno al XVII secolo, da distinguersi dalle Yuujo, che erano invece prostitute professioniste. Queste ultime, in breve tempo, soppiantarono le Saburuku nelle feste organizzate dall’aristocrazia e, durante tali ricevimenti, qualora venivano richiesti intrattenimenti di vario genere, era possibile la presenza di Geisha che, all’inizio, erano uomini.
Nel tempo gli uomini furono sostituiti da Geisha femmine, molto più piacevoli per leggiadria e movenze, e il loro successo fu immediato.
Durante il periodo Edo quando lo Shogunato di Tokugawa rese la prostituzione legale, per un certo periodo, le figure delle Yuujo e quelle delle Geisha furono spesso confuse e fu solo successivamente che la distinzione divenne netta attraverso leggi precise che determinarono prestazioni, comportamenti e addirittura quartieri separati fra Geisha e Yuujo.
Questo fu quello che avvenne all’interno del Giappone.

Nelle fantasie degli occidentali, che iniziavano ad arrivare nel paese del sol levante e che non conoscevano le leggi del luogo la vista di queste donne particolari produsse invece una serie di errori di valutazione che ancora oggi stentano ad essere rimossi.
Nel 1853 quando, dopo oltre due secoli di isolamento, si aprono gli scambi commerciali tra il Giappone e l’Occidente, iniziano a “viaggiare”, oltre che merci da un paese all’altro, anche importanti scambi culturali. In Europa, nelle case dei mercanti e della ricca borghesia, entrano molti oggetti della tradizione nipponica e si sviluppa da parte delle classi più abbienti un gusto particolare per la seducente voluttuosità di certe stampe giapponesi “Ukiyo-e” che rappresentano, fra le altre cose, uomini rudi e donne dalle movenze aggraziate, velate di mistero e pronte ad offrirsi in modo passionale al loro signore in atteggiamenti piuttosto lascivi. Le stampe di questo tipo ovviamente rappresentavano solo un aspetto del Giappone, ma fu quello che catturò maggiormente l’interesse degli occidentali.

Nell’immaginario collettivo le città giapponesi si trasformavano in affollati agglomerati in cui circolavano furbi mercanti, venditori ambulanti, mercenari in cerca di ingaggio, signorotti dall’aria sfrontata e giovani donne che adescavano i nuovi arrivati dall’occidente.
Le Geisha, con la loro grazia, il loro abbigliamento di seta (Kimono) e il loro seguito di lanterne di carta, sfortunatamente, vennero accomunate alle figure femminili delle cortigiane o delle prostitute relegate nei quartieri di piacere.
Alle Yuujo,”donne di piacere”, veniva imposto di vivere e lavorare entro i confini di tali quartieri e di non oltrepassarli. Le Geisha , invece, erano richieste solo per le loro doti artistiche e venivano chiamate a suonare lo Shamisen o a cantare durante le “performance” delle Yuujo qualora queste ultime fossero carenti in tal senso.

Le Geisha quindi non erano prostitute in linea di principio. Il governo concedeva loro di esibirsi a patto che non intralciassero il lavoro delle Yuujo e, al contrario di esse, potevano frequentare liberamente tutti i quartieri della città e portare la loro arte in ogni luogo venisse richiesta.
Tuttavia, un occidentale che le vedesse entrare ed uscire dalle case di piacere, poteva ingenuamente scambiarle per prostitute.
Durante il XIX secolo la popolarità delle Geisha cresce in modo esponenziale in Giappone e dopo la restaurazione Meiji (1868) politici, uomini d’affari, alti funzionari del governo e dell’esercito preferiscono frequentare Geisha piuttosto che “donne di piacere” e spesso molte di loro ne diventano le consorti.

A tal proposito non si deve dimenticare che, per diventare Geisha, le ragazze venivano selezionate, educate e cresciute attraverso un tirocinio durissimo che poteva durare anni. Fin da piccole, il loro carattere veniva forgiato e abituato al sacrificio e al lavoro. Una Geisha apprendeva non solo le arti dell’intrattenimento ma studiava la scrittura e doveva avere nozioni di poesia e letteratura per poter sostenere una conversazione con chi richiedeva la sua presenza. Questo rendeva le Geisha le uniche donne che avessero una cultura pari a quella di uomini di prestigio e questa qualità in ambienti di alto lignaggio era molto apprezzata.
Se non ne diventava la consorte, una Geisha poteva entrare nelle grazie di un uomo potente, anche sposato, che le faceva da mecenate “Danna” e le offriva protezione e mantenimento. Allora potevano essere previsti anche rapporti sessuali ma sempre consenzienti.

In Occidente invece tra la fine dell’’800 e gli inizi del ‘900, la figura della Geisha influenzerà molti aspetti della cultura occidentale (ricordiamo Monet che dipinge la moglie con il kimono e Van Gogh che dipinge “La cortigiana” in abiti tipicamente giapponesi o il melodramma “Madama Butterfly di Puccini) ma la sua immagine sarà sempre travisata allo scopo di farla apparire solo come un’artista nel concedere piaceri sensuali e provocanti, nascondendo quella che era in realtà la figura di una donna emancipata che, per cultura e posizione, sapeva tener testa agli uomini.
Le cose non andarono meglio durante la Seconda Guerra Mondiale poiché per incentivare le truppe americane sbarcate in Giappone, furono mandate schiere di ragazze compiacenti chiamate “Geisha Girls” che di certo non contribuirono ad affrancare la figura delle Geisha dall’immagine che ormai si era cristallizzata in Occidente.
Fortunatamente oggi la situazione è cambiata e, attraverso studi intelligenti e approfonditi le Geisha hanno riscattato la loro immagine così ingiustamente vituperata per secoli.

Questo non esclude che anche le Geisha avessero rapporti sessuali che esulavano dalla loro funzione principale, ma probabilmente o si trattava di una scelta del tutto personale, anche le Geisha potevano essere attratte o innamorarsi di un uomo, sebbene proibito dal loro codice comportamentale, oppure si trattava di Geisha che avevano in un certo senso “ tradito” i principi della loro istituzione e si comportavano in modo inadeguato.
Il fatto quindi che ci fossero delle devianze è del tutto normale e comprensibile ma di certo non era la regola.
Spesso le Geisha erano confuse con le cortigiane di lusso chiamate Oiran, perche’ portavano le stesse acconciature e gli stessi abiti. L’unica differenza era che le cortigiane portavano l’Obi (cintura in vita del kimono) davanti perché era più comodo quando si dovevano spogliare, mentre le Geisha lo portavano dietro.
Oggi la professione della Geisha, come succede per molte altre tradizioni del Giappone, sta piano piano scomparendo e le giovani donne che aspirano a diventare Geisha (Maiko) sono sempre di meno.
Questo in primo luogo è dato dal fatto che un tempo le Geisha compensavano e fornivano all’uomo la figura di una donna diversa da quella che spesso si trovava fra le mura domestiche, del tutto priva di interesse e di fascino e completamente sottomessa, ma questa diversità netta ormai nel nostro mondo moderno non esiste quasi più.
In secondo luogo il tirocinio per diventare Geisha non è cambiato nei secoli e per le ragazze di oggi diventa troppo complicato accettare una disciplina così ferrea e spesso anacronistica e un lavoro su di sé così duro e non certo di immediata soddisfazione.

Non si sa bene quante in realtà siano le Geisha e le Maiko rimaste, si parla di circa duemila ma il numero potrebbe variare poiché le Geisha si fanno vedere raramente fuori dai loro quartieri (Hanamachi) e sono molto attente a non lasciare svanire quel mistero che, nonostante tutto, anche nel Giappone di oggi, aleggia su di loro.

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