domenica 13 gennaio 2013

Incontri d’arte: la mia prima “mostriciattola"


L’opportunità di esporre davanti ad un pubblico vero, fino a quel momento il mio pubblico era da individuarsi nella cerchia ristretta dei miei famigliari e amici, ovviamente non sempre del tutto imparziali, mi è stato dato da una cara amica, anche lei, a suo modo “artista” la quale, in una radiosa giornata di settembre mi ha invitata ad un evento organizzato nello splendido giardino del suo atelier di acconciature per signora.
Il giorno in cui mi è stato comunicato che avrei partecipato all’evento insieme ad altri “artisti” di altri settori, la prima reazione è stata di paura.
Non è così facile portare qualcosa che fino a quel momento è stato nascosto, qualcosa che appartiene alla sfera dell’intimo, del personale, improvvisamente all’esterno e in balia di un pubblico sconosciuto e imprevedibile.
Mi sentivo lusingata ma depauperata, come se mi stessero togliendo una parte della mia anima, come se qualcuno stesse raccontando la mia storia indifferente alle mie reticenze o stesse svelando quello che fino ad allora era solo un mio segreto.
Era una sensazione strana accompagnata ovviamente da un vero e proprio terrore del giudizio sommario che, inevitabilmente ,sarebbe piombato sulla mia testa probabilmente mettendo fine alla mia velleità di essermi considerata una pittrice.
Ma come poteva la gente sapere quello che io avevo passato, sudato e sofferto per arrivare a ciò che avevo prodotto? Come avrei potuto spiegare il cammino, l’idea, il pensiero che sottendeva alle mie opere? Spiegare o rifuggire da ogni tipo di spiegazione?
Mi consultai con la mia insegnante di allora, la pittrice Giulia Alberti, una guida e un sostegno per me da quando, armata dei miei schizzi pazzi, avevo varcato la soglia della sua scuola di pittura e avevo subito capito che lì proprio non c’entravo nulla.
Mi ero trovata in una sala piena di gente che disegnava e dipingeva in modo classico, olio e carboncino, tecniche a me del tutto sconosciute che mai avrei pensato di approcciare ma che nel tempo ho comunque dovuto approfondire, e mi paralizzai pensando che quella signora, con il suo curriculum di tutto rispetto e la sua preparazione artistica di comprovato valore, di certo mi avrebbe cacciata seduta stante.

L’intelligenza di un insegnante risiede nell’apertura mentale e nel saper riconoscere e incanalare le capacità e le attitudini dei propri allievi.

Cosi’ mi prese per mano, aprì i miei scarabocchi con quel rispetto non scontato per il lavoro altrui e ci vide quello che nemmeno io sapevo vedere. Sentì il dolore, la rabbia, la mia ferrea volontà di voler chiudere tutto in ipergeometrismi definiti per non incappare in sbavature e fuoriuscite dell’anima. Capì il mio bisogno di mettere tutto in una scatola, di arginare la furia delle mie emozioni deliranti chiudendola dentro confini invalicabili e prigioni di righe dritte.
Ma vide anche la mia innata fragilità, il mio bisogno di nascondere dietro l’apparente durezza delle forme quella delicatezza dello spirito che non sapevo più esprimere ne’ riconoscere.
Sono stata con lei per due anni. Mi ha insegnato molto e non era solo tecnica.

In quella occasione, esponendole il mio problema per la piccola mostra che mi era stata proposta, con la solita saggezza che la contraddistingue e con la generosità che è dei grandi, mi disse che la paura era del tutto legittima, in fin dei conti si trattava della mia ““prima volta” ma quel sentimento spontaneo non mi doveva far perdere di vista la cosa più importante che era la consapevolezza del mio lavoro e la serietà del mio impegno, qualità che avrebbero potuto emergere solo attraverso una presentazione efficace e non casuale, nel rispetto di chi avrebbe visitato il mio piccolo mondo. Le sue parole mi diedero conforto e nuova linfa creativa.
Ricordo che mi ci è voluto un bel po’ di studio e di sudore per allestire la mia prima, come la chiamo io “mostriciattola” ma alla fine tutta la fatica è stata ripagata.

Potete vedere l’articolo che ne è scaturito qui.

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