domenica 14 aprile 2013

Samurai



I giapponesi sono un popolo bellicoso, un popolo di guerrieri, la cui storia è costellata di guerre di ogni tipo, tatticamente ben strutturate e organizzate, nelle quali emerge una costante: il valore del singolo, la pura dedizione del Samurai.
Il termine Samurai deriva dal verbo saburau, che significa servire o tenersi a lato, letteralmente “colui che serve”, o più propriamente da Bushi, laddove bu significa marziale e shi è l’insieme di due segni che rappresentano la conoscenza.

I Samurai, nel Giappone feudale, erano guerrieri nobili che, oltre alle arti marziali connesse alla loro professione, praticavano arti Zen e coltivavano la propria preparazione culturale e personale.
Ebbero il loro massimo splendore fra il periodo Heian e il periodo Muromachi quindi essenzialmente tra l’anno mille la fine del cinquecento ma già durante il periodo Edo (1600-1866) iniziarono a perdere la loro funzione di guerrieri e vennero relegati al compito di burocrati al servizio dello Shogun o di un Daimyo (signorotto feudale). Taluni fra loro venivano chiamati solo per le cerimonie ufficiali e la loro spada veniva esibita non per il combattimento ma per scopi dimostrativi o per sottolineare l’appartenenza alla loro casta.
Molti Samurai vennero successivamente abbandonati dai loro Daimyo o perchè il Daimyo era morto o perché ne avevano perso il favore e la fiducia. Allora venivano appellati con il nome di Ronin che letteralmente significa “uomo onda” ma che aveva in sé un significato dispregiativo nel senso di uomo che vaga senza uno scopo.

Con il rinnovamento Meiji (1867), la classe dei Samurai fu definitivamente abolita in favore di un esercito nazionale, tuttavia le loro leggende, le loro grandiose imprese e i loro principi morali e di comportamento, sopravvivono ancora oggi nella società giapponese moderna come esempi di rettitudine morale e di grande senso del dovere.

I Samurai seguivano un preciso codice d'onore, chiamato Bushido (via del guerriero).

La più famosa opera che lo sintetizza è l'Hagakure di Yamamoto Tsunetomo. L'Hagakure è un libro nel quale si prendono in considerazioni le caratteristiche principali di un Samurai perfetto, sia in battaglia sia come esempio di vita.
L'amore per la Patria, l’assoluto asservimento al Sovrano Dio in terra, il disprezzo della morte, vissuta come una certezza se non addirittura un dovere in certi casi, hanno fatto della figura del Samurai giapponese, qualcosa di veramente raro nella storia dell'umanità.

Nel Bushido, le regole di comportamento sono regole molto dure e la disciplina imposta è ferrea soprattutto in guerra. Tuttavia ciò che colpisce è l’aspetto cavalleresco del Samurai che lotta con tutto sé stesso per difendere la patria e il suo imperatore ma non si accanisce mai sul nemico con crudeltà gratuita, semmai con la consapevolezza che il nemico che cade in battaglia merita onore.
Il concetto della vita nel Bushido è strettamente legato all’ incedere e al susseguirsi delle stagioni. La vita deve seguire le leggi universali e immutabili della natura senza mai contaminarle senza mai forzarle a proprio vantaggio ma integrandosi ad esse in armonica ascesi.

Il guerriero cercherà la propria perfezione in tutto ciò che sia in armonioso equilibrio con la sua mente e con il suo corpo, aborrendo, con fermezza d’animo, passioni e corruzioni corporali e spirituali, vivendo una vita di obbedienza e di fede nel suo cammino verso una morte gloriosa, supremo gesto di eroismo a compimento di una vita d’onore.
E’ evidente, in questo tipo di comportamento l’influenza delle dottrine Zen nelle quali il Samurai trovava gli insegnamenti che gli erano necessari per raggiungere l’illuminazione spirituale ma, attraverso la meditazione e la concentrazione, la possibilità di sviluppare anche le proprie potenzialità fisiche utili in battaglia. 
Attraverso la respirazione addominale e gli esercizi respiratori centrati sul ventre (Hara), l’individuo si integrava perfettamente con la natura dentro e fuori di sé e poteva sviluppare le sue abilità di percezione, velocità e prontezza. 

La filosofia Zen preparava così il Samurai alla piena consapevolezza della potenza del proprio corpo e della mente e, attraverso particolari tecniche di concentrazione arrivare al cosiddetto “vuoto mentale”, stato ideale per intraprendere in modo lucido e privo di condizionamenti qualsiasi azione. 

Seppuku 

Per il samurai il suicidio era il modo più onorevole di morire per sua precisa scelta.
Il Seppuku, più conosciuto come Hara-Kiri (Hara= ventre) veniva considerato manifestazione di padronanza assoluta del proprio destino e di estremo coraggio.
Poteva essere compiuto per vari motivi, ad esempio dopo una sconfitta per evitare di cadere in mano nemica, dopo un disonore, per imposizione di una qualche autorità come gesto di obbedienza o per protesta.
Il gesto estremo veniva preparato con cura e recidersi il ventre (Hara), che era il centro dell’essere, significava uccidere tutto dell’individuo, sia la sua parte corporea sia quella spirituale. La filosofia Zen mette sullo stesso piano la vita e la morte. C’è vita se c’è morte e viceversa quindi entrambe sono solo uno stato transitorio e il vero guerriero non ha paura di vivere come non ha paura di morire.

Sakura 

Cio’ che rappresenta meglio la purezza, la lealtà, l’onestà e il coraggio del Samurai è il fiore di ciliegio, Sakura. 

Fin dal periodo Heian (794-1185) in primavera, i Giapponesi festeggiano l’Hanami (guardare i fiori), una ricorrenza nella quale si guardano i fiori mentre cadono e vengono sollevati e portati via dal vento prima di cadere sulla fredda terra. Un momento malinconico che ricorda la caducità della vita ma allo stesso tempo di riflessione che porta alla consapevolezza che per ogni vita destinata a finire ce n’è un’altra pronta a rinnovarsi. 

Come il fiore di ciliegio, delicato e fragile, nel pieno della sua fioritura cade e muore, così il Samurai è pronto a lasciare la propria vita in battaglia in nome dei principi in cui crede.

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